Gualdo Tadino

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La Ceramica

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Da sempre Gualdo Tadino è considerata una delle patrie della ceramica. Tracce di questa arte, come un’antica fornace, sono state rinvenute nel sito arcaico di Colle i Mori, riconducibili al periodo preromano.
Nel XVI secolo la ceramica gualdese viene rifinita a lustro e nel secolo seguente iniziano ad affermarsi le prime dinastie di ceramisti locali quali i Pignani e i Biagioli. E’ ad Antonio e Lorenzo Pignani che papa Clemente X concesse il privilegio “di applicare l’oro sulle maioliche con un sistema fino allora ivi mai usato”. Il Settecento è contraddistinto da una vasta produzione di Madonne col Bambino tutt’oggi presenti in varie mattonelle votive apposte sulle facciate delle case del centro storico. Ciò in seguito al terribile terremoto che nel 1751 sconvolse la città. Il XIX secolo fa registrare un forte incremento della produzione ceramica con la ripresa della tecnica dei lustri metallici oro e rubino ad opera di Paolo Rubboli (1838-1890), che si avvarrà della collaborazione di validi artisti, tra cui il famoso pittore gualdese Giuseppe Discepoli. In questo contesto si inserisce la straordinaria produzione, non solo a riflesso, di Alfredo Santarelli. Da lì inizia una produzione di maioliche artistiche di altissima qualità che, con la nascita di numerosi opifici, dà a Gualdo Tadino la definitiva connotazione di città della ceramica rendendola il centro italiano più importante del Novecento per la produzione di maioliche di tradizione mastrogiorgesca. Lungo le principali vie del centro storico è possibile ammirare delicati pannelli policromi, inseriti in antiche nicchie, e opere ceramiche collocate all’interno di alcune “porte del morto”, aperture che, nelle case medioevali umbre e toscane, servivano, secondo alcuni, per far uscire la bara del defunto per poi essere richiuse. Dal secondo dopoguerra ad oggi il panorama ceramico gualdese si è notevolmente ampliato, affiancando alla produzione artistica quella industriale. Le due diverse lavorazioni discendono comunque in linea retta dalle antiche tradizioni locali e sono il prodotto di qualità di un territorio che ha saputo conservare e valorizzare le proprie peculiarità artistico-creative, tenendo sempre conto dei progressi tecnologici, senza mai abbandonare però le antiche tecniche e cotture tradizionali di origine cinquecentesca, tramandate di padre in figlio, che hanno reso famose le maioliche gualdesi nel mondo. Gualdo Tadino è tra i più importanti centri ceramici umbri, universalmente conosciuta come la "Città della ceramica", i primi documenti, provenienti da archivi di centri limitrofi, asseriscono infatti che già nel Trecento ceramisti gualdesi esportavano i loro prodotti in fiere e mercati umbri.
Una caratteristica maiolica gualdese è documentata a partire dal XIV secolo, mentre l'affermarsi di una vera e propria produzione si avrà a partire dal XVI secolo, quando emergeranno le prime dinastie di ceramisti locali, dei Pignani e dei Biagioli.
Il Settecento gualdese sarà caratterizzato dalla "ceramica bianca", mentre nell'Ottocento cresceranno copiosamente botteghe ed opifici, ma in realtà questo sarà il secolo di uno straordinario revival dell'antica tecnica dei lustri metallici ad opera del pesarese Paolo Rubboli (1838-1890), un'antica tecnica ideata dall'eugubino Mastro Giorgio Andreoli, che prevedeva l'applicazione di sostanze fumogene, da cui derivavano tenui particelle metalliche, ottenendo particolari iridescenze. L'Ottocento segna l'inizio di una fortuna che caratterizzerò buona parte del secolo successivo attraverso il grande nome del Prof. Alfredo Santarelli (1874-1957) e dei continuatori di Rubboli: Daria, Lorenzo e Alberto, oltre ai nomi di tanti altri valenti ceramisti locali. La produzione Otto-Novecentesca, policroma a lustro, è di un'ampiezza davvero eccezionale, si va dall'oggetto artigianale fino ad esiti di autentica arte, spesso legata ad espressioni che scalano nel tempo da eclettiche, nobili rivisitazioni dell'antico e dell'opera d'autore, a raffinate interpretazioni del liberty e del moderno.
Migliaia di gualdesi si sono identificati nella maiolica, intere generazioni hanno dato il loro apporto all'evoluzione tecnico-artistica, tutta la classe politica ha vissuto a contatto con la graduale trasformazione da bottega artigianale a piccola industria. Quel riflesso così accattivante, così misterioso così incostante, così prezioso quando ben riuscito, ha finito per contagiare le nuove generazioni che dopo gli anni dell'oblio industriale, con grande soddisfazione, sono ritornati all'antica tecnica. La storia di Gualdo Tadino, è dunque soprattutto storia del suo rapporto con quest'arte , intrecciarsi di vite, di destini individuali e collettivi con abitudini, costumi, dei rapporti sociali determinati da un'attività economica, spesso sconfinata nella pura ricerca del bello per il bello. La ceramica è dunque da un lato evento storico, che reclama una ricostruzione puntuale di rigore scientifico e di appassionato slancio culturale, dall'altro manifestazione artistica che travalica i limiti cronologici delle vicende storiche, per farsi ammirare come oggetto che ricade sotto la categoria del bello, prima che del semplice utile.


Ceramica a lustro

Il lustro è un'antica tecnica di decorazione che, attraverso l'applicazione di un impasto di sali metallici e argilla diluito con aceto di vino, e una speciale cottura, produce effetti cromatici iridescenti, di colore giallo oro, rosso rubino, argento. Di origine mediorientale, il lustro ebbe grande diffusione nell'arte ceramica araba, giungendo verso la metà del Quattrocento a Deruta e in pochi altri centri italiani. Non è noto in quale modo, ma sicuramente grazie agli scambi con la Spagna e in particolare con l'isola di Maiorca, da cui anche il nome maiorica, poi maiolica, che nel Rinascimento indicava la sola ceramica lustrata.
Il lustro si applica a pennello sulle superfici di oggetti già finiti, smaltati e cotti, di solito negli spazi appositamente lasciati già dal pittore al momento della decorazione. Così preparati, gli oggetti vengono infornati e cotti per la terza volta.
Si tratta, tuttavia, di una cottura a bassa temperatura, circa 600 C, prodotta in atmosfera riducente, cioe introducendo nel forno sostanze fumogene (legna, ginestre, zucchero, ecc.),che impediscono l'ossidazione dei metalli causando gli speciali effetti di colorazione e rifrazione che contraddistinguono il lustro. Dopo la cottura e un lento raffreddamento, il piatto viene ripulito. Si asportano i residui dell'impasto e di fumo rimasti in superficie e possono così risplendere le metallizzazioni del lustro.